Un viaggio da duri e puri

Da Milano a Tarifa e ritorno in sella a una Suzuki GSXF-750.

Maroòn Five

La pagina ufficiale dei Maroòn Five, la band rock meno talentuosa di tutti i tempi.

Club Atlètico Boca Jouer

La squadra di calcio a 7 inconsciamente patrocinata da Claudio Cecchetto.

Movie Mash Up

Cosa scaturirebbe dalla fusione delle sceneggiature di alcuni tra i film più famosi di tutti i tempi? Probabilmente qualcuna di queste stronzate!

I racconti dell'appartamento

Non i soliti aneddoti di studentelli fuorisede.

30 giu 2009

Filosofia a buon mercato e scarpe di gomma

Stasera, una canzone. Una poesia calata in un bellissimo tema musicale.
A me è piovuta addosso dal cielo, come tanti altri dischi o libri che mi hanno accompagnato fin da piccolo e che piano piano ho cominciato ad interiorizzare ed apprezzare davvero. Il testo è straordinario, e mi ci riconosco molto. Come riconosco a pelle chi, nel relazionarsi con me, prende in considerazione solo la seconda strofa.
La canzone la trovate QUI.

CHARLY GARCIA - DE MI

Cuando estés mal cuando estés solo
cuando ya estés cansado de llorar
no te olvides de mi porque se
que te puedo estimular

Cuando me mires a los ojos
y mi mirada esté en otro lugar
no te acerques a mi porque se
que te puedo lastimar

No pienses que estoy loco
es solo una manera de actuar
no pienses que estoy solo
estoy comunicado con todo lo demas
por eso

Cuando estés mal cuando estés sola
cuando ya estés cansada de llorar
no te olvides de mi
porque se que te puedo estimular

No te olvides de mi
porque se que te puedo estimular

28 giu 2009

Quattro soldi di messaggio

Ogni persona che ama la musica associa alcune canzoni a determinati momenti o stati d'animo. Di fatto, è come se gradatamente ognuno costituisse una colonna sonora della propria vita.
Le canzoni attecchiscono a un ricordo o un pensiero del momento, vi sedimentano fino a diventare un tutt'uno con la memoria. Non ci sono meccanismi preordinati per tale fenomeno, guidato da inconscio e casualità.
Ascoltando una canzone, essa acquista un senso. Punto.

Può una canzone trovare una nuova collocazione all'interno della colonna sonora di una persona, acquisendo un senso differente? Esiste una canzone delle situazioni differenti?

Per indole, sono troppo intransigente per pensare sia possibile. Ma anche troppo razionale per non capire che mi sbaglio: certe cose non si possono controllare.

Una cosa del genere non è quindi impossibile, solo estremamente difficile. Come cambiare il verso di una cascata.
La storia insegna che, per poterlo fare, sia necessario disporre dello scudo più resistente che sia mai stato realizzato. E aver imparato da una Bilancia come vivere la vita.



25 giu 2009

Corrispondenze


- Mah... Io non capisco perchè non riusciamo a trovare un'alternativa a questo posto...


E' un periodo davvero caotico per me, è da giorni che non riesco a posarmi su questo spazio se non per una fugace visita. Il ciclo della resa attende di essere finalmente chiuso, il post che sto preparando è ormai a buon punto. Non ho fretta però, anche se liberare tutto è una cosa che mi serve fare. Tempo al tempo.

Ultimamente succedono cose strane: constato con stupore che questo blog viene letto da insospettabili, e che addirittura molti dei miei "sparuti lettori" sostituiscono ormai i personaggi delle mie storie alle persone da cui prendono spunto. Ecco che allora mi viene chiesto come vada il viaggio di "Camerlenga", o come stia l'"Uomo Focaccina"... Ovviamente chi riscuote il successo maggiore è Doktor Terror, sia perchè è forse il personaggio meglio caratterizzato, e sia perchè anche nella realtà risulta essere molto commerciale...
Il confine tra vita reale e "dove letterario contingente" diventa quindi per me sempre più fumoso. Inoltre, ultimamente accadono avvenimenti così surreali che, qualora volessi convertirli in storie da raccontare, dovrei fare uno sforzo di immaginazione per renderli più plausibili. Uno sforzo di immaginazione al contrario.
Vedremo come si evolveranno le cose; credo comunque che la saga di Nemico continuerà ancora per un po'. Del resto, comincio ad affezionarmici.

Dal punto di vista "redazionale" invece, noto con piacere come il blog si avvicini abbastanza speditamente alle 4.000 pagine visualizzate. Certo, i commenti sono un po' spariti, ma è anche vero che da un po' di tempo ho smesso con i post criptici. Infatti, come qualcuno disse una volta:

"Quelli che scrivono con chiarezza hanno dei lettori, quelli che scrivono in modo ambiguo hanno dei commentatori"

Mi piace pensare che la motivazione sia questa.

Per il resto, ho un sacco di idee che non ho tempo per concretizzare. Il racconto pulp cui ho accennato diverse volte attende da mesi di uscire dalla mia testa, e nuovi personaggi andranno presto a fare compagnia a Nemico. Il tutto sarà come al solito condito da musicheria, citazionismo, cazzeggio e introspezione.

La verità è che negli ultimi giorni mi sento distratto e spossato, anche per questo scrivo di meno. Penso ciò sia in parte dovuto all'arrivo dell'estate milanese col suo caldo appiccicoso, e in parte perchè "ad ogni angolo di strada il sentimento dell'assurdità potrebbe colpire un uomo in faccia".
Nell'esatto momento in cui scrivo queste parole, in diretta e per direttissima, vengo colpito in pieno volto.
Sono troppo ambiguo? Allora commentate.

14 giu 2009

Alternative ending

Un freddo pomeriggio di metà Aprile. Il cielo plumbeo, presagio di un temporale primaverile. Il mare increspato da una Tramontana sferzante.

Una tipica giornata di Pasquetta.

Tre individui si dirigevano verso la spiaggia. Due parlavano tra loro; il primo indossava una felpa rossa e un costume da bagno così fuori moda e liso da sembrare rubato dall'armadio di un vecchio morto. E, in effetti, era proprio così. L'altro aveva una mise totalmente nera, dalle scarpe da ginnastica agli occhiali da sole. L'individuo che sembrava guidare quello strano drappello indossava dei jeans troppo fashion per l'occasione, un vecchio cappello di vimini portato di sbieco sulla testa e una maglietta commemorativa di un qualche evento sportivo tenutosi nella sua città nel 1997. Portava una chitarra sulla spalla, imitando di tanto in tanto la camminata da pescatore del protagonista di un vecchio cartone animato giapponese. I due che gli erano dietro ridevano di gusto ogni volta, malgrado quella gag si ripetesse sempre uguale da quando non avevano ancora i peli sulle gambe.

Arrivati in spiaggia, si fermarono a contemplare il panorama: il mare, di colore verdastro, rigurgitava sul bagnasciuga un misto di alghe e schiuma. La spiaggia era lercia di catrame e rifiuti, tra i quali spiccava una lavatrice arrugginita abbandonata sulla battigia.
Il momento di silenzio in cui erano caduti venne rotto da chi portava la chitarra:

- Mah... Io non capisco perchè non riusciamo a trovare un'alternativa a questo posto...

- Già... - gli rispose il tizio col costume del morto - Un conto era quando eravamo adolescenti e non potevamo muoverci da qui... Ma ora che ognuno di noi ha un mezzo per spostarsi potremmo anche cambiare... Eccheccazzo!

Quel dialogo si ripeteva da sempre. Ognuno di loro sapeva in realtà il perchè si trovassero lì: adoravano quel posto, che li aveva visti crescere e cambiare. Il disprezzo iniziale faceva parte dei convenevoli.

L'impasse in cui si trovavano venne risolto dall'uomo in nero.

- Vabbè, ormai siamo qui e amen. Andiamoci a mettere da quella parte, sembra più riparata dal vento e magari non vola la sabbia...

Si sistemarono in un punto in cui la rena sembrava meno umida. Erano seduti a semicerchio tra il mare e un muretto bianco, negli anni testimone dei loro progressi nel disegnare simboli fallici zampillanti.

- Beh, suonaci un po' di blues... -
disse l'uomo con la felpa rossa. Era una richiesta consueta la sua, cui il tizio col cappello reagì prontamente imbracciando lo strumento.

Rimasero in silenzio per un po', con un riff di chitarra vagamente assimilabile a Eric Clapton a fare da colonna sonora a quel momento.

Mentre erano assorti nei loro pensieri, l'uomo in nero cominciò a giocherellare con due sassi che aveva trovato sulla sabbia. Iniziò a batterli tra loro ritmicamente, senza curarsi di chi, a meno di un metro da lui, stava suonando con tutt'altro ritmo. Il tizio col cappello, sempre più infastidito, cominciò a lanciargli sguardi eloquenti per farlo smettere. L'uomo in nero continuava imperterrito, aumentando esponenzialmente l'irritazione dell'altro.
All'improvviso il suonatore di chitarra si interruppe bruscamente, fissandolo. Poi, esplose.

- La smetti?!

L'uomo in nero cadde dalle nuvole.

- Di fare che?


- Di battere quei cazzo di sassi. O almeno, batti in 4/4 così vai a ritmo!


- Veramente, dato che la parte ritmica la sto facendo io, sei tu che dovresti seguire il mio tempo...


Il chitarrista si rivolse all'uomo con la felpa rossa, che aveva seguito tutta la scena imperterrito guardando l'orizzonte.

- Ma lo senti?


L'uomo con la felpa rossa fece spallucce. L'esperienza gli aveva insegnato che era meglio non mettersi in mezzo a questo genere di discussioni tra i due. Di solito, la contesa sfociava in un dibattito interminabile; nessuno usciva vincitore, ma lui ne usciva sempre con un gran mal di testa.

Fortunatamente, la diatriba venne interrotta dall'arrivo in spiaggia di altre persone. Era la gente che aspettavano. Come al solito, vi era un mix di facce nuove e facce conosciute costruendo insieme castelli di sabbia.

- Ehi, ma chi è quella? -
disse l'uomo con la felpa rossa al tizio col cappello.

- Non lo so, dev'essere un'amica portata da qualcuno... Bel culo, eh?


- Già.. ma quel palestrato col costumino azzurro è il ragazzo? Cazzo sì, la sta baciando... Cheppalle...


- E vabbè, noi mica siamo gelosi...


- Compà, secondo me quel tizio è meglio non farlo incazzare... Ma hai visto che rigonfiamento ha nel costume? Quello non solo è palestrato, ma deve avere un cazzo che se ti prende lo supplichi di mettertelo in culo, perchè se te lo dà in testa ti fa più male...


- Ahahah!


L'uomo col cappello aveva sempre apprezzato l'umorismo volutamente sboccato del tizio col costume del morto. Per questo, gliene veniva somministrata una dose ogni volta che era possibile.

Ora che il terzetto iniziale era diventato un nutrito gruppo di gente, il chitarrista cominciò a raccogliere le richieste di canzoni da suonare. Come al solito, dopo le prime strimpellate coatte delle musichette prodotte dai gruppi del momento, i tre prevalsero virando prontamente sulle canzoni del loro repertorio. Fu quindi un susseguirsi di rock italiano e straniero, musica leggera e qualche arrangiamento ironico di canzoni da chiesa.

A pomeriggio inoltrato, il sole aveva cominciato a farsi largo tra le nuvole. L'uomo col costume del morto si tolse la felpa, catturando immediatamente l'attenzione del chitarrista.

- Ehi, ma quella maglietta è mia!

Il tizio col costume da morto reagì con nonchalance.

- Sì, lo so...


- Era un sacco di tempo che la cercavo!


- Ma come, non ti ricordi? Me l'hai prestata quella sera che sono venuto a casa tua e poi sono rimasto a dormire...


- Quella sera che... Ma è successo sei mesi fa!


- Eh lo so... Comunque ora che sai che ce l'ho io che problema c'è? L'hai ritrovata...


- Sai com'è, uno i vestiti se li compra per metterseli...


- Ma lo so... Dai, te la lavo e poi te la ridò pulita...


- Ok...


Entrambi sapevano che la maglietta in questione sarebbe rimasta lontana dal suo padrone ancora per un po'. Il tizio col cappello pensava che il motivo principale fosse il ritmo lentissimo con cui l'altro faceva le lavatrici. E in parte era vero.
L'uomo col costume del morto spesso si faceva prestare dei vestiti, ma teneva fino a che non gli venivano chiesti indietro con la forza solo gli indumenti di due persone: quelli del fratello minore e quelli del tizio col cappello. I primi li teneva per necessità (non era mai stato un amante dello shopping, e il furto era molto più pratico), gli altri perchè, lui che rendeva molti oggetti dei feticci, sentiva vicino la gente a lui cara in modi non convenzionali. Ma questo forse non gliel'avrebbe detto mai.

L'accenno di sole si rivelò solo un illusorio preambolo al temporale in arrivo. La gente cominciò a smobilitare, e i tre decisero di chiudere la loro performance.

Come al solito, si cimentarono nella canzone che rappresentava il loro cavallo di battaglia: un pezzo allusivo, imperniato sull'ambiguità derivante dall'offrire da mangiare a una signora un limone.

I soliti accordi, con l'attacco all'unisono.

Un assolo, che raccontava di una vecchia gatta fuggita.

Un acuto corale. L'ultimo.

11 giu 2009

Essere un santo, o un carnefice

Si ritorna alle canzoncine. Anzi, La Canzoncina. In effetti, non so perchè non l'abbia postata prima; questa canzone trasuda LilloArzillo, lo esprime compiutamente con ogni sua sillaba. Comunque, la trovate QUI.
Ora torno da dove sono venuto, indeciso se essere un santo o un carnefice. Ma forse sono solo un pazzo...

VIVOSUNAMELA

Ho sempre rifiutato, io, di essere compreso,
perchè essere compreso vuol dire prostituirsi,
preferisco essere preso, io, molto seriamente,
per quello che non sono, io, ignorato umanamente.
Oggi un uomo vero in questo tempo non può più accettare,
la necessità fatale della guerra nazionale.
Oggi un uomo puro in questo impero non può più accettare,
insegnamenti di morale.
O sei un santo o un carnefice.
Io sono un pazzo, VIVOSUNAMELA,
guardo la gente ubriacarsi con me,
sono un pazzo, VIVOSUNAMELA,
guardo la gente bere e ubriacarsi di me.
Ho sempre rimandato, io, le me immense mie scadenze,
perchè essere puntuali, io, vuol dire esser fiscali,
e se programmi la tua vita tu non ti accorgi ch'è già noia,
la tua vita programmata e vorrai farla finita.
Oggi un uomo vero in questo tempo non può più legarsi,
a questo mondo materiale e poi sentirsi originale.
Oggi un uomo puro in questo impero non può più fallire,
deve vivere agli estremi.
O sei un santo o un carnefice.
Io sono un pazzo, VIVOSUNAMELA,
guardo la gente ubriacarsi con me,
sono un pazzo, VIVOSUNAMELA,
guardo la gente bere e ubriacarsi di me.
Oggi un uomo vero in questo tempo non può più legarsi,
a questo mondo materiale e poi sentirsi originale.
Oggi un uomo puro in questo impero non può più fallire,
deve vivere agli estremi.
Io, sono un pazzo, VIVOSUNAMELA,
guardo la gente ubriacarsi con me,
sono un pazzo, VIVOSUNAMELA,
guardo la gente bere e ubriacarsi di me.
Perchè io sono un pazzo.



6 giu 2009

Nemico e l'amore in ogni dove

Sabato, tardo pomeriggio. Erano ormai circa 30 ore che Nemico non incontrava anima viva: si era rinchiuso in casa il giorno precedente, per concludere senza essere disturbato il romanzo che stava leggendo. Non che questo facesse molta differenza: con l'Uomo Focaccina, il Corvo e Camerlenga in trasferta, sapeva benissimo che nessuno si sarebbe preso la briga di venirlo a disturbare nel suo covo. Nemesi non osava avventurarsi in solitudine oltre frontiera (ed era inoltre come al solito impegnata in interminabili letture coatte), mentre con Tactless aveva già preso appuntamento per la sera successiva.

Pensò di aver già provveduto, una volta per tutte, a non farsi più disturbare. Ne rise divertito.

Il libro che stava leggendo era uno dei tanti romanzi che, meno mediocri di altri, ciclicamente venivano definiti "casi editoriali". Nemico vi si era approcciato senza mordente, leggendo un'ottantina di pagine in una settimana. Finchè non ne parlò a casa di Doktor Terror.

- Ehi, lo sai che sto leggendo "Uomini che odiano le donne" di Stieg Larsson?

- Ti sei dato alla narrativa svedese?


- Beh, sai com'è: non sono bravi solo a vendere mobili da assemblare...


- Fai lo spiritoso? Aspetta qua.


Doktor Terror entrò in camera da letto. Nemico rimase in salone, seduto su una poltrona reclinabile così comoda che quasi gli aveva fatto dimenticare dove in realtà si trovasse.

- Tie'!!

Il libro in questione era un tomo di circa 700 pagine; Doktor Terror sembrò molto divertito dopo che, dall'entrata del salone, ebbe tirato la sua copia addosso a Nemico.

- Ahia!

Nemico, senza riuscire a schivare l'arma impropria, ringraziò la casa editrice del libro per aver fatto a meno della copertina cartonata.

- Beh, ma ti sta piacendo?

- L'ho appena iniziato, non ho letto neanche cento pagine...


- Mmm.. A me non è piaciuto tantissimo, infatti il primo della trilogia è l'unico che ho comprato; gli altri li ho presi in prestito in biblioteca. Hai già capito il finale?


- Te l'ho detto, non sono neanche a pagina cento...

- Io ho capito il finale poco dopo metà del libro...


Allucinazioni competitive: il punto di svolta.

Nemico decise che, appena ne avrebbe avuto tempo, si sarebbe dedicato al libro, impegnandosi a non essere da meno nell'intuire il finale.

Quel Sabato pomeriggio, alternando lettura a dormiveglia nell'arco di 28 ore, aveva appena finito il romanzo. Vi si era dedicato quasi con abnegazione, divorando le 580 pagine che lo separavano dalla meta con avidità. Aveva appurato con grande soddisfazione che la sua teoria sul colpevole, formulata poco dopo essere giunto a metà libro, era esatta.
Ottenuta quest'inutile quanto faticosa vittoria, si ricordò di aver consumato il suo ultimo pasto più di 24 ore prima. Cominciò ad avere fame.

Nei pressi del suo covo, da qualche settimana aveva aperto un kebabbaro. Nemico vi si era sempre tenuto a distanza, un po' perchè la sera aveva perso l'abitudine di cenare e un po' perchè, da quando cinque mesi prima era andato a vivere con Camerlenga e il Corvo, aveva avuto poco tempo e voglia di esplorare il vicinato.

Ma il vero motivo era un altro.

Nemico adorava il kebab. Da quando una sera di tanti anni prima lo aveva scoperto nei vicoli di Zena, non ne aveva più fatto a meno. Era un bisogno che soddisfava con cadenze regolari, per non sprofondare in vere e proprie crisi d'astinenza. Per questo, quando scoprì un ottimo kebabbaro nelle vicinanze di quello che fu il suo covo per antonomasia, si sentì come sollevato. Quel kebabbaro era straordinario: l'impasto preparato al momento, la yufka cotta sulla piastra, aperto ad ogni ora del giorno e della notte. Nemico vi portava amici e parenti, orgoglioso della sua scoperta.
Erano anni che il kebab lo prendeva solo lì. Da quando aveva cambiato covo e mondo, non ne aveva più mangiato. In parte perchè non ne aveva avuto ancora modo, in parte perchè temeva di rimanere deluso. Quel pomeriggio però la voglia era tanta, cogliere l'occasione era semplice e quindi decise di provare.

Appena entrato nel locale, notò che l'atmosfera generale era familiare: il bancone, il frigo e la tv perennemente sintonizzata su canali musicali arabeggianti erano esattamente dove immaginava che fossero. Se l'aspettava: a prima vista tutti i kebabbari sono un po' tutti uguali. Avrebbe voluto ordinare una yufka, ma interrogato dal gestore disse solo: "Un kebab". Non sapeva se in quel locale ci fosse differenza tra le due cose, così come il gestore ignorava che lui lo preferisse completo e con doppio piccante. Pensò che certe cose le avrebbero scoperte insieme, col passare tempo.
Notò con piacere che in frigo era presente una discreta selezione di birre, una pecca che aveva sempre riconosciuto al suo kebabbaro precedente. Ne prese una, proprio mentre gli venne servito il kebab.
Appena lo ebbe assaggiato, capì subito di avere un problema. Per quanto il sapore fosse familiare, non gli sembrava paragonabile a ciò cui era abituato. Di sicuro lo avrebbe mangiato, ma con la perenne sensazione di aver avuto, e di poter avere, di meglio.
Si rese conto che, per quanti kebabbari avesse frequentato nella sua vita, avrebbe sempre cercato in essi quel qualcosa che aveva perso ma che adorava. Era una questione di odori, di commistione di sapori, che non riusciva bene a definire. Una questione di chimica. Nessuno sarebbe riuscito a cancellarne il ricordo: avrebbe per sempre cercato il suo kebabbaro.
Si stupì nel rivolgere pensieri del genere a un panino ripeno di carne.

"Beh, mi succede solo per il kebab" pensò tra sè "In effetti poteva andare peggio..."

Dopo quell'esplosione di cinismo si ritrovò, come spesso succedeva, a sorridere da solo.
Decise di ripetere a Nemesi il pensiero che aveva avuto; immaginò che ne avrebbe riso per un momento, ripiegando poi sulla sua tipica espressione di disapprovazione non appena avesse recuperato la consapevolezza di essere buona. Reagiva sempre in quel modo alle sue boutade politicamente scorrette; Nemico definiva quei momenti risate col cilicio.
Sorrise ancora, notando con la coda dell'occhio che il gestore del locale lo fissava con aria interrogativa.
Consumò velocemente il suo kebab, contento di poterlo accostare ad una birra ghiacciata. Poi, tornò da dove era venuto.


2 giu 2009

Ho un cerchio alla testa: è dura fare il re della foresta.

Quello che non ho, è il tempo.

Tempo per me, per scrivere di me. Eppure ne ho bisogno.

Il post che chiuderà il ciclo della resa è in cantiere da giorni, ma per completarlo ho bisogno di dedicarmici con calma. Di tante altre cose vorrei parlare: la Zia Suzi e i 5.000 km, il non far finta di adeguarsi, il tornare a respirare aria di casa, i film che guardo e i libri che leggo; la resa però ha la priorità, ho bisogno per l'ultima volta di mettere nero su bianco (e in questo il layout del blog mi aiuta) alcune cose.

Per adesso, ho tanta stanchezza addosso da scrollare via. Stanchezza bella però, che sa di facce da treno, di serate in cui il tardi diventa presto, di mare, di buone cose da mangiare e di tanto altro ancora.

Sono felice?

Non proprio.

E allora?

Allegro con brio.