Un viaggio da duri e puri

Da Milano a Tarifa e ritorno in sella a una Suzuki GSXF-750.

Maroòn Five

La pagina ufficiale dei Maroòn Five, la band rock meno talentuosa di tutti i tempi.

Club Atlètico Boca Jouer

La squadra di calcio a 7 inconsciamente patrocinata da Claudio Cecchetto.

Movie Mash Up

Cosa scaturirebbe dalla fusione delle sceneggiature di alcuni tra i film più famosi di tutti i tempi? Probabilmente qualcuna di queste stronzate!

I racconti dell'appartamento

Non i soliti aneddoti di studentelli fuorisede.

24 giu 2010

Scusi, chi ha fatto palo?

Quello italiano è un popolo di recidivi, anche e soprattutto per quanto riguarda il calcio. Ma, come diceva Churchill, siamo anche un popolo "bizzarro: un giorno 45 milioni di fascisti, il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti..."

Ogni volta che si paventa o si verifica il ritorno di un allenatore di calcio sulla panchina di una società con cui ha già vinto, tutti (giornalisti e non) iniziano a citare la spedizione della Nazionale a Messico '86. Il secondo Mundial di Bearzot è infatti l'archetipo delle "minestre riscaldate", dato che il C.T. privilegiò nelle convocazioni ragioni "affettive" rispetto a quelle meritocratiche (non sono illazioni, lo ha ammesso lui stesso). La sua stessa permanenza alla guida della squadra, dopo la mancata qualificazione a Euro '84, puzzava tanto di "scelta di cuore" da parte della FIGC.

Quando però poi nel 2008 la minestra è stata riscaldata davvero con il ritorno di Lippi, tutti a straparlare di quanto lui fosse l'uomo giusto per rilanciare la Nazionale e a dire che sotto la sua guida avremmo avuto maggiori possibilità di ripetere il successo di quattro anni fa. La gente ha cominciato a ricordarsi di Messico '86 dopo la Confederations Cup dell'anno scorso, quando ormai era troppo tardi.

Ebbene, ho ripescato un articolo del giornalista sportivo Mario Sconcerti scritto il 18 giugno 1986, all'indomani dell'eliminazione mondiale dell'Italia per mano della Francia. Il parallelismo con quanto è accaduto oggi è impressionante: basta sostituire Bearzot con Lippi, e il pezzo di Sconcerti risulta perfettamente calato nel contesto odierno. Via la pipa, ecco il sigaro. E poi provate a negare che chi controlla il passato controlla il futuro.

Non c'è stata partita e tutto sommato non c' è stato nemmeno mondiale. L' Italia torna a casa lasciando la sensazione malinconica di non essere mai partita. Il nostro Mundial stavolta è stato vissuto soprattutto alla memoria. 
L'unico vero grande credito che perfino Bearzot dentro di sè riusciva a dare a questa squadra era il ricordo di quattro anni fa, la speranza che la rabbia, la concentrazione, quel senso di cittadella assediata che la nazionale si porta dietro ogni volta che la posta si alza, accendessero una scintilla di gioco come allora. 
Non è successo, forse non poteva succedere, sicuramente abbiamo fatto pochissimo perchè si accendesse. E' presto per cercare le colpe di una mediocrità disarmante, abissale, vergognosa almeno per quello che di impotente e frustrante ha fatto nascere dentro chiunque l'abbia seguita con la voglia di crederci.

[...]

Forse scriviamo a caldo, forse è troppo presto per fare dei confronti sereni, ma questo pallido viaggio messicano si conclude con il risultato più disastroso degli ultimi vent'anni. Nemmeno la celebre disfatta di Middlesborough con la Corea del Nord fu così deludente. Quella almeno fece male. Oggi ce ne andiamo con un senso di impotenza solare, quasi da abusivi del Mundial. E' giusto che il grande calcio continui senza di noi. Ma è anche giusto che da domani, da oggi stesso si cominci a domandarsi se il nostro calcio è davvero tutto qui, piccolo, timido e stanco come questo mondiale ci ha raccontato. O invece Bearzot si è messo alla testa di un lungo, interminabile convoglio di errori.

Ed ora che non siamo più protagonisti, la mia personale speranza è che questo parallelismo col Mundial del 1986 continui fino alla fine. Mi piacerebbe che Diego alzasse ancora la coppa, che tornasse di nuovo a rendere perfetta la sua imperfezione. Per Lippi invece nessuna critica e nessun ringraziamento alla fine della sua esperienza in Nazionale. Facciamo che siamo pari.


14 giu 2010

Un viaggio da Duri e Puri - Prologo

28/07/2009
DUE GIORNI ALLA PARTENZA

Pochi giorni alla partenza. Preparativi sommari, ma dovrebbe esserci tutto. L'ansia che sale, l'impresa sarà alla mia portata? Arrivare a Gibilterra, questa è la priorità. Ma senza privarsi delle inaspettate deviazioni che danno senso a un viaggio. Tornare arricchito, con storie da raccontare ed esperienze da custodire.

Paura.

Paura che rende prudenti.

Farsi trovare sull'attenti.

Un itinerario definito, ma che lasci spazio a ripensamenti. Senza nascondersi dietro al dito dei troppi impedimenti.

30/07/2009
UN GIORNO ALLA PARTENZA

Diciotto giorni, cinque magliette. Quanto è LilloArzillo questa cosa... Improvvisazione totale, qualche buona idea e per il resto vedremo. La moto c'è, la sento affidabile e mi fido. Anche il Cunctator è bello sul pezzo. Quindi, si parte.
Non tranquilli, ma perlomeno sereni. E a culo tutto il resto!

01/08/2009
D-DAY

Sono le 2:45 del mattino, da un paio d'ore è quindi l'1 agosto. Ci siamo, oggi si parte.
Stasera abbiamo preparato le valige (con qualche rinuncia triste, ma non a quello che sei), poi siamo andati a casa di Tactless per una birretta e per farmi sistemare il Blackberry (così potrò informare attraverso faccialibro della mia permanenza in vita).
Tornando, abbiamo preso in testa un mega acquazzone estivo. Bene. Che il Cunctator si tempri. Per il resto, speriamo di non esserci dimenticati niente. Ma di questo ci accorgeremo solo tra un paio di giorni.
Ed ora alle brande, domani mi aspettano 600 Km di guida matta e disperatissima... cazzo!

In foto: i Duri e Puri qualche istante prima della partenza

10 giu 2010

I'm going slightly Mad

Cari "sparuti lettori", oggi comincia un nuovo progetto: un mini-ciclo di racconti a episodi che avrà come protagonisti vecchi e nuovi personaggi contingenti.
Era da un po' che avevo in mente qualcosa del genere, riportare Nemico nella dimensione in cui era nato ma calarlo allo stesso tempo in un contesto totalmente nuovo. Allontanarlo da me, farlo smettere di essere un mio semplice alter-ego. Volevo che partisse per la tangente, renderlo un po' più surreale, compulsivo e chissà cos'altro.
Ebbene, la nuova "serie" (termine che non ho scelto casualmente) di racconti prende spunto dagli stilemi della cultura pop che hanno accompagnato la vita di ogni italiano medio negli ultimi 20 anni: i serial americani anni '80, i fumetti (Max Bunker su tutti), qualche canovaccio narrativo classico. Il tutto sarà mescolato al meglio delle mie capacità, senza rinunciare a piccole variazioni sul tema.
Il primo episodio verrà pubblicato a breve, mentre il logo (nonchè titolo della serie) lo trovate esattamente qui sotto (e dovrebbe farvi capire abbastanza chiaramente a cosa mi sia ispirato in prima battuta...)
Saranno episodi auto-conclusivi, con una continuity coerente poco delineata. I personaggi e le situazioni saranno quindi sempre frutto di fantasia, anche se partiranno da uno zoccolo ben preciso creato in mesi e mesi di bloggheggiamenti. 
Non anticipo nient'altro, ho già creato una pagina statica sul blog che sarà sempre accessibile (il link lo trovate in basso, è il logo gigante in fondo alla sezione dei post) in cui vengono presentati il macro-plot e i diversi personaggi. La trovate anche QUI.
Fine delle comunicazioni. Il resto lo scoprirete solo vivendo, e se avrete la pazienza di seguirmi.



8 giu 2010

There's no lyrics. It's about dying.

Quattro anni fa. Un pomeriggio di tarda primavera.

Tornare dal supermercato con le buste della spesa in una mano e un Powerade al limone nell'altra, come sempre. Come piace a me.

Ricevere una telefonata. Realizzare che a volte il "come sempre" non dipende da noi.

Salire nell'appartamento, quello con l'articolo determinativo. Aprire la finestra che dà sul grande albero, quello che quasi si può toccare.

Mettere su una canzone. Qualcuno che arriva e dice: "Cos'è questa musica? E' per caso morto qualcuno?"

Ridere, sempre e comunque.

Notte. Sferragliare del treno. Sentirsi soli come mai prima.

Mattino. Piccola città, bastardo posto. Vegliare su chi più di tutti è rimasta sola. Ore in piedi, io e il Corvo.

Sepoltura. Un capannello di anziane signore si forma vicino al feretro. Piangono, urlando ossessivamente: "Toccate quest'uomo, era un santo!!" Party Boy si avvicina e lo tocca. "Che cazzo fai?" "E magari porta bene..." Party Boy ha fatto il suo dovere, regalandomi una memorabile funeralata.

Casa, interno giorno. Condoglianze. C'è chi porta da mangiare, come antica usanza. Le ultime zie e i primi nipoti vanno al supermercato a comprare alcolici. Perchè nei momenti difficili la nostra famiglia si fa sempre compagnia con una buona bottiglia, da "bere responsabilmente".

Abitacolo della macchina. La sua. Supermarket e ritorno. Specialità della casa: limonata corretta. Aprire il portabagagli per caricare la spesa, e trovare il suo ultimo vezzo: un cappello stile borsalino. Tipico dei pensionati, direte voi. Era rosa shocking, vi dico io. Lo guardo, lo indosso, scruto l'orizzonte. Il momento viene immortalato. Più che stupore, il ritrovamento suscita curiosità. Negli anni ci eravamo abituati alle sue mise anticonvenzionali, peccato non abbia avuto il tempo per godersi quello strano copricapo. Peccato per tante altre cose. Ha passato la vita a sproloquiare a destra e a manca, per poi andarsene beffardamente in silenzio. Il suo clan però continua l'opera da dove lui ha lasciato. Letteralmente, partendo da quel cappello rosa nuovo di pacca.

Un'eredità immensa e profonda, riassunta da quell'assurdo accessorio. Mi sembra pienamente nel suo stile.


Oggi. Una notte di tarda primavera. In casa risuona la stessa canzone di quattro anni fa. Anche se stavolta non è morto nessuno.

2 giu 2010

Il lungo addio - Parte 3

PARTI PRECEDENTI

Mancava poco ormai a raggiungere Strawberry Fields, un paesino sul mare dimenticato da Dio. Nato come villaggio di pescatori, era diventato negli anni un luogo di villeggiatura per gente senza pretese. Era lì che Nemico e Party Boy si erano conosciuti, che tutto era iniziato, ed era lì che tutto avrebbe avuto fine. Party Boy stava guardando distrattamente dal finestrino un paesaggio che conosceva a memoria, quando si rivolse al suo accompagnatore:

- Lo sai perché mi piace viaggiare con la capot abbassata?

- Perché non si hanno barriere con lo spazio circostante, ed è come lasciarsi assorbire dai climi e dai profumi dei luoghi che si stanno attraversando?

- No, perché si può fumare!
Disse, mentre ridendo si accendeva una sigaretta.

Ne fumava al giorno almeno una quarantina, alternando discorsi sul piacere derivante dall’assunzione regolare di nicotina a rassegnate disamine delle sue spese annuali in tabacco. Anche Nemico rise; di solito non permetteva mai a nessuno di fumare in auto, ma quella volta fece un’eccezione: in fondo stavano viaggiando con la capot abbassata, e poi già immaginava la scena di Party Boy che ciccava la sigaretta controvento assumendo pose simili ai calchi di gesso di Pompei, per paura che eventuali scintille potessero finirgli addosso.

Party Boy stava ancora fumando quando svoltarono al bivio che conduceva alla Casa dell’Albero. Nemico vi parcheggiò proprio di fronte anche se la spiaggia, la loro destinazione, distava ancora qualche centinaio di metri. La struttura, una grande villa nel cui giardino troneggiava un rigoglioso albero di fico, era in rovina ormai da anni. Nemico e Party Boy vi avevano passato le estati dell’infanzia, un tempo lontano il cui ricordo sbiadiva di anno in anno come le pareti della casa. I due restarono qualche minuto a spiarla in silenzio dalle grate del cancello, come investiti dalla fiumana di ricordi che riaffiorava da ogni singolo mattone. Poi, si diressero a piedi verso la spiaggia.

- Certo che avremmo potuto almeno portarci un pallone... disse Party Boy, rompendo lo strano silenzio che era calato tra loro.

- Ma se io non corro dal 2004 e tu non lo hai mai fatto in vita tua!

- E vabbè, avremmo potuto giocare a tirarci i rigori... Alla fine io calcisticamente nasco come portiere, ti avrei sfidato molto volentieri.


- Tu non nasci portiere, tu quindici anni fa hai comprato la maglia di Taglialatela (famoso portiere del Napoli degli anni '90, NdA) e da allora ti sei arrogato il diritto di definirti portiere. Però diciamoci la verità, hai sempre fatto schifo... Ti ricordi quando abbiamo partecipato a quel torneo estivo e tu sei partito come capitano - portiere titolare per poi finire Direttore Artistico della squadra? E quel ruolo lo hai ricoperto solo perchè eri il mio migliore amico... 

- Già... Però in vecchiaia mi prometti che racconteremo la mia versione dei fatti? E poi tra l'altro io non ho mai capito cosa faccia un direttore artistico in una squadra di calcio... Praticamente niente!

- Appunto... Ehi, siamo arrivati.


La spiaggia era deserta, ma d'altronde si era ancora in bassa stagione. Un silenzio assoluto era interrotto solo dal quieto refluire del mare calmo. Nemico pensò mentre scrutava l'orizzonte che in fin dei conti quel posto non gli era mai dispiaciuto. Party Boy intanto si era spogliato, rimanendo in costume da bagno.

- Santo cazzo! sbottò Nemico.

- Che c'è?

- Cosa diavolo è quel costume? Hai per caso perso una scommessa?


L'unico indumento che indossava Party Boy era oggettivamente raccapricciante: uno slip rosso acceso eccessivamente sgambato, con un'orrenda stampa di una palma da cocco sul posteriore con di fianco la scritta "BAYWATCHER".

- Cos'ha che non va? Mammà dice che gli slip da bagno sono tornati di moda...

- Forse Mammà il giorno che te l'ha comprato avrà visto una puntata di Magnum PI, ma senza realizzare che la serie è stata interrotta nel 1988 e che da allora trasmettono repliche... Magari ti ha anche detto che sono tornati di moda i baffoni?

- Non cederò alle tue provocazioni! E comunque, ha visto che pettorali?


Party Boy cercava, contraendosi, di mettere in bella mostra un fisico inesistente. Nemico, come sempre, lo compiaceva fingendo di notare ogni volta miglioramenti nella definizione della massa muscolare dell'amico. Sulla spiaggia deserta, Party Boy continuò per un po' ad assumere pose degne di Mister Olimpia mentre Nemico continuava ad osservarlo basito; la scena aveva un nonsochè di surreale.

Ad un tratto i due si guardarono negli occhi, come se gli fosse ritornato di colpo alla mente il vero motivo per cui erano lì. Party Boy si diresse verso il mare, finchè l'acqua non gli arrivò ai polpacci. Nemico, che aveva ancora indosso i vestiti, lo guardava dalla battigia. Era tempo di accomiatarsi, un momento che i due credevano non sarebbe arrivato mai; proprio per questo, rimasero in silenzio senza sapere bene cosa dire. Non era uno di quei silenzi tipici dei vecchi amici, c'era una punta d'imbarazzo che entrambi coglievano mentre si guardavano faccia a faccia. Nemico sentì l'esigenza di dire qualcosa, qualunque cosa pur di far finire quel momento che stava diventando struggente:

- Ma non hai paura a nuotare per tutto quel tempo?

- Io? Ormai sono un nuotatore provetto, dovresti saperlo...

- E la paura degli scogli sommersi? Ce l'hai ancora?

- Ahahah! No... L'ho superata anni fa quando tu mi hai buttato fuoribordo su un nugolo di scogli, appena ti confidai quella mia fobia durante una gita in barca... E poi dopo tutta l'esperienza che ho accumulato durante l'adolescenza con cozze pelose, figurati se ora mi faccio problemi per qualche pietra ricoperta di alghe...eheheh!


Fu il loro ultimo scambio, nello stile che aveva sempre contraddistinto il loro rapporto. I due si salutarono brevemente con un cenno del capo, prima che Party Boy si gettasse in acqua cominciando a nuotare verso l'orizzonte. Nemico si accese una sigaretta mentre guardava la sagoma dell'amico che in lontananza si rimpiccioliva sempre più, fino a scomparire. La sua mente vagava, a tratti ricordando momenti che avevano passato insieme e a tratti chiedendosi se prima o poi si sarebbero rivisti. Il comparire all'improvviso davanti a lui di un'ombra proiettata da qualcuno alle sue spalle lo riportò repentinamente alla realtà. Non era più solo sulla spiaggia, e credeva di sapere a chi appartenesse quell'ombra. Gli ultimi dubbi vennero fugati appena quella presenza misteriosa lo salutò:

- Ciaen! 


Foto di Fko - © 2009

1 giu 2010

-anta

Voglio un cane di nome Armando, che mi venga a svegliare il sabato mattina sbavandomi il cuscino.

Voglio una casa arredata con il minimo indispensabile, ma con un impianto Hi-Fi in salotto che costi quanto un'utilitaria pluriaccessoriata.

Voglio una donna con cui invecchiare senza maturità, da contemplare ogni giorno senza nostalgia per il tempo in cui tutto era diverso.

Voglio lavorare con i miei amici di sempre a qualcosa di nostro.

Voglio che la cosa che adoro di più mi dia anche di che mangiare (e non sto parlando di sfruttamento della prostituzione, quindi ammetto che sto parlando della SECONDA cosa che adoro di più).

Voglio un accendino Zippo d'argento con incise le mie iniziali, per guardarlo di tanto in tanto con la consapevolezza che quell'oggetto sarebbe piaciuto tantissimo all'Avvocato del Diavolo.

Voglio un figlio cui cantare la canzone del soldato Bruna come ninna nanna, e voglio avere per lui sempre una risposta pronta.

Voglio indossare sempre le stesse magliette e lo stesso cappello, finchè morte non ci separi.

Voglio vivere sul mare, e invitare sempre tutti a "respirare iodio".

Voglio smettere di fumare e conservare l'ultimo pacchetto portandolo sempre in tasca, ma pieno di radici di liquirizia.

Voglio arrivare a Capo Nord in moto, per guardare il sole di mezzanotte in compagnia del mio passeggero e dirgli: "Pensavi che Tarifa fosse il massimo cui potessimo spingerci, eh?"

Voglio che mio fratello continui ad indossare solo magliette di gruppi che piacciono anche a me.

Voglio che la nostra casa possa finalmente tornare ad accoglierci al completo.

Voglio continuare ad avere la serena consapevolezza che i "sottoposti", nonostante tutto, son venuti su dritti e che addirittura uno di loro è l'unica persona con cui reputo possibile una convivenza a lungo termine.

Voglio avere un romanzo nel cassetto, e perchè no anche qualche canzone.

Voglio continuare a essere svegliato nel cuore della notte da un tizio esaltato che mi telefona per raccontarmi dell'ultimo passatempo frivolo che gli è balzato in testa, e sticazzi se il giorno dopo devo lavorare.

Voglio continuare a credere nei segni.

Voglio morire da compagno.

Voglio essere coerente, ma prendendomi qualche licenza.

Voglio vivere per raccontarla.

Voglio.