6 giu 2009

Nemico e l'amore in ogni dove

Sabato, tardo pomeriggio. Erano ormai circa 30 ore che Nemico non incontrava anima viva: si era rinchiuso in casa il giorno precedente, per concludere senza essere disturbato il romanzo che stava leggendo. Non che questo facesse molta differenza: con l'Uomo Focaccina, il Corvo e Camerlenga in trasferta, sapeva benissimo che nessuno si sarebbe preso la briga di venirlo a disturbare nel suo covo. Nemesi non osava avventurarsi in solitudine oltre frontiera (ed era inoltre come al solito impegnata in interminabili letture coatte), mentre con Tactless aveva già preso appuntamento per la sera successiva.

Pensò di aver già provveduto, una volta per tutte, a non farsi più disturbare. Ne rise divertito.

Il libro che stava leggendo era uno dei tanti romanzi che, meno mediocri di altri, ciclicamente venivano definiti "casi editoriali". Nemico vi si era approcciato senza mordente, leggendo un'ottantina di pagine in una settimana. Finchè non ne parlò a casa di Doktor Terror.

- Ehi, lo sai che sto leggendo "Uomini che odiano le donne" di Stieg Larsson?

- Ti sei dato alla narrativa svedese?


- Beh, sai com'è: non sono bravi solo a vendere mobili da assemblare...


- Fai lo spiritoso? Aspetta qua.


Doktor Terror entrò in camera da letto. Nemico rimase in salone, seduto su una poltrona reclinabile così comoda che quasi gli aveva fatto dimenticare dove in realtà si trovasse.

- Tie'!!

Il libro in questione era un tomo di circa 700 pagine; Doktor Terror sembrò molto divertito dopo che, dall'entrata del salone, ebbe tirato la sua copia addosso a Nemico.

- Ahia!

Nemico, senza riuscire a schivare l'arma impropria, ringraziò la casa editrice del libro per aver fatto a meno della copertina cartonata.

- Beh, ma ti sta piacendo?

- L'ho appena iniziato, non ho letto neanche cento pagine...


- Mmm.. A me non è piaciuto tantissimo, infatti il primo della trilogia è l'unico che ho comprato; gli altri li ho presi in prestito in biblioteca. Hai già capito il finale?


- Te l'ho detto, non sono neanche a pagina cento...

- Io ho capito il finale poco dopo metà del libro...


Allucinazioni competitive: il punto di svolta.

Nemico decise che, appena ne avrebbe avuto tempo, si sarebbe dedicato al libro, impegnandosi a non essere da meno nell'intuire il finale.

Quel Sabato pomeriggio, alternando lettura a dormiveglia nell'arco di 28 ore, aveva appena finito il romanzo. Vi si era dedicato quasi con abnegazione, divorando le 580 pagine che lo separavano dalla meta con avidità. Aveva appurato con grande soddisfazione che la sua teoria sul colpevole, formulata poco dopo essere giunto a metà libro, era esatta.
Ottenuta quest'inutile quanto faticosa vittoria, si ricordò di aver consumato il suo ultimo pasto più di 24 ore prima. Cominciò ad avere fame.

Nei pressi del suo covo, da qualche settimana aveva aperto un kebabbaro. Nemico vi si era sempre tenuto a distanza, un po' perchè la sera aveva perso l'abitudine di cenare e un po' perchè, da quando cinque mesi prima era andato a vivere con Camerlenga e il Corvo, aveva avuto poco tempo e voglia di esplorare il vicinato.

Ma il vero motivo era un altro.

Nemico adorava il kebab. Da quando una sera di tanti anni prima lo aveva scoperto nei vicoli di Zena, non ne aveva più fatto a meno. Era un bisogno che soddisfava con cadenze regolari, per non sprofondare in vere e proprie crisi d'astinenza. Per questo, quando scoprì un ottimo kebabbaro nelle vicinanze di quello che fu il suo covo per antonomasia, si sentì come sollevato. Quel kebabbaro era straordinario: l'impasto preparato al momento, la yufka cotta sulla piastra, aperto ad ogni ora del giorno e della notte. Nemico vi portava amici e parenti, orgoglioso della sua scoperta.
Erano anni che il kebab lo prendeva solo lì. Da quando aveva cambiato covo e mondo, non ne aveva più mangiato. In parte perchè non ne aveva avuto ancora modo, in parte perchè temeva di rimanere deluso. Quel pomeriggio però la voglia era tanta, cogliere l'occasione era semplice e quindi decise di provare.

Appena entrato nel locale, notò che l'atmosfera generale era familiare: il bancone, il frigo e la tv perennemente sintonizzata su canali musicali arabeggianti erano esattamente dove immaginava che fossero. Se l'aspettava: a prima vista tutti i kebabbari sono un po' tutti uguali. Avrebbe voluto ordinare una yufka, ma interrogato dal gestore disse solo: "Un kebab". Non sapeva se in quel locale ci fosse differenza tra le due cose, così come il gestore ignorava che lui lo preferisse completo e con doppio piccante. Pensò che certe cose le avrebbero scoperte insieme, col passare tempo.
Notò con piacere che in frigo era presente una discreta selezione di birre, una pecca che aveva sempre riconosciuto al suo kebabbaro precedente. Ne prese una, proprio mentre gli venne servito il kebab.
Appena lo ebbe assaggiato, capì subito di avere un problema. Per quanto il sapore fosse familiare, non gli sembrava paragonabile a ciò cui era abituato. Di sicuro lo avrebbe mangiato, ma con la perenne sensazione di aver avuto, e di poter avere, di meglio.
Si rese conto che, per quanti kebabbari avesse frequentato nella sua vita, avrebbe sempre cercato in essi quel qualcosa che aveva perso ma che adorava. Era una questione di odori, di commistione di sapori, che non riusciva bene a definire. Una questione di chimica. Nessuno sarebbe riuscito a cancellarne il ricordo: avrebbe per sempre cercato il suo kebabbaro.
Si stupì nel rivolgere pensieri del genere a un panino ripeno di carne.

"Beh, mi succede solo per il kebab" pensò tra sè "In effetti poteva andare peggio..."

Dopo quell'esplosione di cinismo si ritrovò, come spesso succedeva, a sorridere da solo.
Decise di ripetere a Nemesi il pensiero che aveva avuto; immaginò che ne avrebbe riso per un momento, ripiegando poi sulla sua tipica espressione di disapprovazione non appena avesse recuperato la consapevolezza di essere buona. Reagiva sempre in quel modo alle sue boutade politicamente scorrette; Nemico definiva quei momenti risate col cilicio.
Sorrise ancora, notando con la coda dell'occhio che il gestore del locale lo fissava con aria interrogativa.
Consumò velocemente il suo kebab, contento di poterlo accostare ad una birra ghiacciata. Poi, tornò da dove era venuto.


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