11 gen 2010

Sono come suono. Il resto, a carte e 48.

Una sera di tanto tempo fa, in una galassia lontano lontano, presi in mano una chitarra. Non era la prima volta che ne imbracciavo una, ma quella volta lo feci in modo diverso. Fino a quel momento mi approcciavo allo strumento in modo distaccato, rigirandolo tra le braccia. Osservavo le venature del legno della cassa, il manico, i particolari intarsiati. Non mi azzardavo a toccare le corde, provando una sorta di timore reverenziale.
Quella volta invece sentii la pulsione di dominarla, di impegnarmi per diventare tutt'uno con essa, di cavarne fuori melodia.
Quel giorno un morto che parla mi disse che avrei capito di aver imparato a suonare quando sarei stato capace di riprodurre i principali accordi in modo fluido e a comando. Sarei stato un chitarrista d'accompagnamento, la base per poi approfondire ulteriormente o strimpellare senza impegno.
Ebbene, nonostante le sue tante frasi che mi hanno fatto male, forse quest'ultima è quella che ora brucia di più. Sarà forse perchè è stato uno degli ultimi momenti in cui si è condiviso qualcosa, pervaso quindi nel mio ricordo dal fascino crepuscolare della decadenza.
Ora che è trascorso del tempo, e dopo essermi procurato una chitarra (una buona chitarra, secondo un occhio esperto) passando mesi a esercitarmi con intensità altalenante, oggi mi sento un chitarrista. Sarò rudimentale, a volte ancora un po' impacciato, ma chitarrista. E dato che il morto che parla è stato trascinato subdolamente davanti a una scelta che ha fatto saltare il banco, mi trovo impossibilitato a renderlo partecipe della mia soddisfazione.
La esprimerò dunque qui, allegando anche una testimonianza: un'immagine che mi immortala quella sera di tanto tempo fa. Credo sia una foto fantastica, che coglie il preciso istante in cui m'innamoro dello strumento. Non mi stupisce che me l'abbia scattata chi, in quel momento più di chiunque altro, mi aveva al centro del suo mondo.

Sono l'Impero alla fine della decadenza,
che guarda passare i grandi Barbari bianchi
componendo acrostici indolenti dove danza
il languore del sole in uno stile d'oro.



2 commenti:

ma basta..secondo me la dovresti smettere. il rancore non porta da nessuna parte.siamo quel che siamo e le cose che ci succedono molto spesso sono frutto di quello che creiamo intorno a noi.

Allora, rispondo a bullet (intesi come "punti chiave", e non "proiettili"...)

1. Basta di fare che? Scrivere quello che mi va quando mi va? Semplicemente, rispondo di no. Se non ti piace o ti annoia quello che scrivo, ti basta evitare di leggerlo. Semplice ed efficace, non credi?

2. Siamo d'accordo, ma non mi pare che il post trasudi rancore. C'è amarezza per come sono andate le cose, quello sì. Ma il rancore è una cosa diversa.

3. "Siamo come siamo" non ha senso. Forse volevi riferirti in maniera sarcastica al "Sono come suono" del titolo, non so... Ma la verità è che io a volte mi sento proprio "rudimentale, a volte ancora un po' impacciato", esattamente come suono (e come il titolo). Era un giochino, capito?
4. La chiusa mi sa di "Chi è causa del suo mal pianga sè stesso", detto però alla maniera di Coelho... Ma il titolo del blog dovrebbe farti capire che io non la penso molto così (o almeno non totalmente)... Opinioni discordanti, niente di male.

Per il resto, caro Anonimo, tuttapposto.

Cià

LilloArzillo